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Don Agatino Gugliara - Le Quattro Ruote - 5/20 sett.2016 - pdf Don Olinto Crespi - pdf | D.Antonio Perez ssp - pdf |

 



 

 

La parola del Fondatore Beato Giacomo Alberione
( Scritti tratti dalle nostre prime Circolari )

Le quattro ruote del carro

Bisogna dare massima importanza a ciò che forma lo spirito dei nostri Istituti.  E’ sintetizzato nelle cosidette “quattro ruote”.

1. Pietà e lavoro spirituale. Lavorare intensamente a emendare i nostri difetti, a togliere ciò che vi è d’imperfetto in noi e costruire l’uomo nuovo, fatto secondo Dio, in verità e santità; essere umili, obbedienti, casti, amanti della povertà, pazienti.
Lavoro spirituale, interiore: è il primo indispensabile fra tutti. Se mancasse questo, nessuno potrebbe essere ammesso al noviziato o alla professione.
Nella preghiera attenta e devota, nella fedeltà a tutte le pratiche di pietà, sta il segreto della vera riuscita.

2. Studio. Non abbiamo mai finito di studiare. Dobbiamo accompagnare il mondo attuale che sempre si evolve; rispondere alle obiezioni e dare al mondo il nutrimento adatto, secondo la mentalità che oggi ha.
Studiare sempre: i testi ascetici, i testi dottrinali, il nostro apostolato e le vie nuove che lo rendono più adatto ed efficace.

3. Apostolato. Le vostre migliori attitudini, l’intelligenza, la forza del corpo, l’energia della volontà: tutto per Gesù Cristo e per l’apostolato. Gesù ci ha preceduto con l’esempio. Quanto gli è costato l’apostolato !
Fatiche, sangue, vita.
Perché l’apostolato sia ben fatto occorrono tre cose: 1) Amore all’Eucarestia. Le anime che hanno Gesù nel cuore, non possono restare fredde e indifferenti; Gesù suggerisce loro tante vie, le vie divine.
Le anime eucaristiche sono le più ardenti nell’apostolato: ardore non a scatti, ma costante; quell’ardore che sa trovare sempre nuove iniziative di zelo. 2) Amore al Vangelo.
Il Vangelo è salute e protezione; è indulgenza per i nostri peccati; ci porta il perdono per le colpe ed è come una continua preghiera a Dio.
Amore alla dottrina del Vangelo e quindi cura dell’insegnamento del catechismo e della liturgia.
3) Dipendenza dall’autorità, nelle opere di apostolato.
Pregate perché il Signore vi conceda di compiere l’apostolato con spirito soprannaturale.
Nell’Istituto si santificano sicuramente coloro che, oltre a lavorare spiritualmente, compiono bene l’apostolato.

4. Povertà. La nostra povertà deve portarci a lavorare come ha lavorato il Figlio di Dio nella casetta di Nazaret.
La nostra è una povertà che fatica, è una povertà che procura, è una povertà che fa elemosina, è una povertà riparatrice ed una povertà redentrice del Figlio di Dio quando stava lavorando nella casetta di Nazaret.
I sudori della fronte di Gesù erano preziosi come il sudore di sangue nell’orto del Getsemani.
Allora, proposito generale: lavoro interiore e spirituale, lavoro intellettuale e studio, lavoro di apostolato ed esercizio di povertà.

Primo Maestro

Circolare maggio 62


Il corpo, mezzo di santificazione

1.Il corpo è compagno dell’anima nel lavoro spirituale, nell’apostolato, nei meriti e nella gloria celeste dopo la purificazione del sepolcro.

2. Appartiene a Dio per tre motivi: esso fu plasmato dalle mani di Dio in modo mirabile; è tempio della SS.ma Trinità per chi vive in grazia; viene offerto al Signore interamente nella professione religiosa.

3. E’ dovere averne cura, cristianamente e religiosamente, come la pisside, tanto più che per l’apostolato l’anima irradia Gesù Via, Verità e Vita, attraverso il corpo.

4. Prolungare l’esistenza; trattarlo e tenerlo docile come un buon figliolo; adoperarlo come il primo, essenziale e personale cooperatore dell’anima nell’opera della santificazione e dell’apostolato.

5. Nei sacramenti Dio lo consacra; nell’Eucarestia Gesù Cristo ne prende possesso; la Chiesa ne ha cura durante la vita e dopo la morte;  per la resurrezione finale acquisterà splendore, impassibilità, sottigliezza, immortalità.

6. Avrai cura di sviluppare, nutrire, vestire convenientemente, per la gloria di Dio e la pace degli uomini, il tuo corpo; prevenirne i mali, dargli il necessario riposo, usare le norme igieniche comuni, curare le malattie.

7. Per la salute fisica fa prima una cura spirituale: mortificazione religiosa dei sensi; innocenza di anima; consacrazione mariana a Gesù Cristo del tuo corpo; considera le fatiche, l’indebolimento progressivo degli organi e le infermità fisiche come occasione dei meriti, di apostolato della sofferenza, e come via per uniformarci a Gesù Crocifisso; accettazione della morte, penitenza dei peccati.

8. Con la sana e sufficiente alimentazione, unitamente a tutte le atre cose, si può prolungare la vita e l’apostolato; la santificazione, la gioia religiosa ne guadagneranno.

9. In ogni Istituto occorre attendere alla perfezione secondo il proprio spirito: chiedete dunque al Signore buona salute per attendere all’apostolato vostro. E’ diverso lo spirito di una persona consacrata nella vita contemplativa, da quello di una persona dedicata all’apostolato.

10. La Madre, la Maestra, la Regina nostra Maria, è la salute degli infermi, la consolatrice dei sofferenti, la speranza e la porta  del cielo. Il suo corpo purissimo è già glorificato, con la sua santissima anima in cielo, dove ci attende.

Sac. G.Alberione

Circolare novembre 1965

 

Santificare il tempo

(Meditazione tenuta dal Primo Maestro
il 3 gennaio 1965 al Convegno delle Delegate)

 

Abbiamo terminato un anno e ne abbiamo iniziato un altro. Il primo pensiero è questo: « Vi ringrazio, Signore, per avermi creato, fatto cristiano e conservato fino ad oggi ». Poi, il ringraziamento perché il Signore vi ha voluto chiamare ad una vita di perfezione e in particolar modo all'apostolato. Ora dovete assumere anche delle maggiori responsabilità e maggiore merito. E maggiore gloria di Dio! Noi siamo sempre debitori, abbiamo solo dei debiti per la nostra esistenza, la conservazione e tutte le grazie ricevute, specialmente la vocazione alla perfezione. Abbiamo sempre da ringraziare! Quindi, riconoscenza. Nello stesso tempo avete incominciato adesso questo raduno col «Veni creator». Chiediamo sempre al Signore! Se abbiamo qualche cosa, dobbiamo ringraziare, e se abbiamo dei bisogni dobbiamo invocare: questa è la nostra posizione! Nel «Veni creator» si chiedono tutte quelle grazie che servono per il progresso. Ecco l'anno: sia lieto, ma sia di progresso. E tutto. A cosa ci serve l'anno? Nel tempo ci sono tutti i doni di Dio: dal mattino alla sera, e neppure si può dire soltanto dal mattino alla sera, ma nelle 24 ore! Il Padre Celeste ci guarda sempre, e Gesù ci segue, ci illumina, ci fortifica. Sì, nella salita progredire, nella salita verso Dio, verso la santità, nel progressivo apostolato. Ecco: sia un anno di progresso. Nel tempo ci sono tutti i tesori, tutti i beni. Parlando del tempo, dobbiamo considerare quattro espressioni della Bibbia: «Fugit irreparabile tempus»: il tempo fugge irreparabilmente, non possiamo più tornare indietro; secondo: «Dum tempus habemus opere mur bonum» (Gal 6,10): allora se il tempo fugge, operiamo il bene mentre abbiamo tempo. Terzo: «Fili, conserva tempus» (Eccl 4,23): figliolo, vigila che non ti fugga il tempo, che non ti sfuggano i momenti che sono sprechi, a volte, di tempo! Quarto: «Tempus non erit amplius» (Apoc 10,6): non vi sarà più tempo.

Il Signore ha segnato per ciascuno di noi quella misura di tempo che è nei suoi disegni. Chi si è santificato già a otto anni, a nove anni, a quattordici anni, a diciotto anni, a ventiquattro anni; e vi sono altri che sono arrivati a novant'anni, a cento anni! Ma lì è segnato: «Tempus non erit amplius»: non vi sarà più tempo. Dunque, in primo luogo, il tempo non si può ricuperare e quindi vigilare. Vi auguro di cuore una vita lunga e che l'anno incominciato sia buono, lieto; ma anche quest' anno passerà, e noi guardiamo indietro come è passato il tempo e come non lo possiamo riprendere. Le lagnanze: Oh, se fossi nato prima! Con le esperienze che ho adesso se allora avessi fatto di più, avessi fatto questo, fatto quello! Il tempo non ritorna! L'acqua discende dalla montana e non torna indietro; quindi utilizzare il tempo mentre che c'è: la giornata di oggi santificarla il meglio possibile, con tutti i disegni, con tutti i compiti che avete da esercitare, da compiere in questa giornata. Sì, passerà la giornata e sia piena di meriti. E quando il tempo ci rimane, intensificare. Ci può essere comunione e comunione; comunione più fervorosa e comunione meno fervorosa; ci può essere la confessione e ci può essere un'altra confessione: ossia vedere un po' nella confessione settimanale ciò che si è fatto. Vedere sempre se al termine della settimana noi abbiamo fatto qualche piccolo progresso. Fra le disgrazie di tante persone vi è questa: perdere il tempo! E non si prendono cura di fare dei passi; ma il tempo passa, e se noi stiamo indietro? Operiamo il bene mentre c'è il tempo! E quindi apprezzare il tempo; in tutte le 24 ore, che non ci siano dei momenti inutili.

Si dirà: ma c'è anche da dormire, c'è anche da mangiare, c'è anche da riposare, e prendere qualche sollievo! Ma: «Sia che mangiate, sia che beviate, dice san Paolo, o qualunque altra cosa facciate, "omnia in gloriam Dei facite"» (1 Cor 10,31), quindi dar gloria a Dio anche in questo, perché è disposizione di Dio che noi ci nutriamo e ci riposiamo; quindi anche quello si fa in obbedienza in ciò che è necessario per la conservazione della vita, per ristorare le forze e per riprendersi. Anche tutte le ore della notte sono meritorie se «omnia in gloriam Dei facite», se offrite anche quello al Signore. «Date, o Signore, la vostra santa benedizione a noi e ai cibi che ora prendiamo per mantenerci nel vostro servizio». Allora prendere il cibo nel servizio di Dio, e voi potete aggiungere, almeno interiormente: «e per mantenerci nell'apostolato». La migliore consolazione in punto di morte sarà questa: abbiamo utilizzato il tempo che il Signore ci ha dato! E non importa che ce ne abbia dato poco o molto, importa che lo abbiamo usato bene. I1 Signore dà tante grazie ad una persona e ne dà meno ad altre; ma ognuna deve corrispondere alle proprie grazie; e tra le grazie c'è il tempo che comprende tutte le altre grazie. La conseguenza è questa: riempire la vita di bene. Non essere persone le quali pur sentendo di non essere di questo mondo cercano quello che è nel mondo; ma anime che vivono di fede. E cioè: Sono venuto da Dio, sono venuto in questo mondo per fare qualche cosa secondo il volere di Dio, e di nuovo lascerò il mondo e tornerò a Dio. Ecco: usciti dalle sue mani, torniamo a Dio portando quello che avremo fatto. Allora quest'anno sia riempito di cose buone, tutto l'anno. E certamente quello che voi fate è tutto buono, ma si può fare anche con maggiore intensità o con minore intensità. Che cosa penseremo se la nostra morte sarà preceduta da una malattia più o meno lunga che ci lasci riflettere?

Ecco, guardando indietro e guardando in avanti, vicini a passare all'eternità, pensiamo a quello che san Paolo diceva di sé, come era il suo passato e come doveva essere il futuro, per quello che riguarda l'eternità. Vediamo se possiamo portare con noi la persuasione di san Paolo: «Bonum certamen certavi» (2 Tim 4,7): ho combattuto la buona battaglia. Che cosa vuol dire? Aveva combattuto il paganesimo, il male, aveva combattuto sempre quello che è male e tutto il mondo corrotto. Abbiamo sempre da fare con questo mondo. Oh, lo conoscete bene questo mondo, siete circondate da tanta gente! E dolorosamente viviamo in un momento in cui abbiamo maggiori preoccupazioni. Sì, bisogna che siamo forti di fronte al male, che siamo generosi davanti al male. Se il Signore vi ha dato un cuore così largo, un cuore che ama Dio e che ama le anime, allora non guardiamo chi fa il male, ma guardiamo chi fa il bene e soprattutto cercate di diffondere la conoscenza di Dio, e in sostanza, di aiutare le anime a salvarsi. Un cuore largo come il cuore di san Paolo! «Cor Pauli cor Christi»: il cuore di Paolo era il cuore di Cristo. Ed il cuore di Cristo come era? «Venite ad me omnes!»: Venite a me tutti, per la salvezza Un'altra espressione di san Paolo, allora vicino alla morte: «Cursum consummavi» (2 Tim 4,7), e cioè: ho compiuto la mia corsa. Quando noi facciamo un progresso? Facendo la volontà di Dio, secondo la vocazione che si è avuta, secondo le circostanze di bene che si presentano Abbiamo fatto quel che Dio voleva, creati per questo, per quella missione, e con tutti i mezzi per compierla. Poi, “consummavi": sono arrivato all'estremo, alla fine della vita, ossia: ho finito tutto il mio cammino e non resta più altro che l'eternità. E allora dice anche: «Fidem servavi»: ho seguito e conservato la mia fede- e poi: «et in reliquo reposita est mihi corona iustitiae, quam reddet mihi Dominus iustus iudex» (2 Tim 4,8).

Guardando il passato san Paolo si sentiva tranquillo: «Fidem servavi», e pieno di fiducia di fronte alla morte: «Adesso non mi rimane che la corona». Sì, per tutti la corona! Ma bisogna essere stati vittoriosi, aver combattuto bene! Il soldato per essere premiato bisogna che abbia combattuto generosamente, fortemente. Quanta serenità allora in punto di morte! Allora la morte si considera come un passaggio, è come spingere una porta: di qua tutto è secondo la fede, di là è secondo la luce. La morte non resta che un piccolo passaggio, un passo. Sì! E chi si trova sereno, guardando la vita passata, sa di aver rimediato eventuali sbagli, e anche se ci sono stati dei peccati li ha confessati, perciò è tranquillo, c'è la grazia di Dio e il Signore ci aspetta: ritorniamo al Padre Celeste. Prima siamo entrati nel mondo senza meriti e senza la grazia, ma poi per la grazia di Dio abbiamo speso la vita, abbiamo fatto quel bene che il Signore voleva da noi, e allora si ritorna a Dio ricchi di meriti. Il tempo che vi auguro nel l'anno sia ricco di meriti. Utilizzate il tempo; poi si dirà: «dies pleni...» e cioè: i giorni saranno pieni! Adesso un'altra considerazione. Questo bene, cioè la giornata, è quello che impieghiamo nei diversi nostri doveri di pietà, di apostolato, negli uffici che avete o la posizione in cui vi trovate. Sì, tutto questo viene utilizzato, offerto a Dio, e quindi arricchisce l'anima di meriti. Però bisogna ancora entrare più profondamente in noi, per vedere come viviamo la vita spirituale e come cresciamo in essa. Abbiamo in noi due vite: l’una è la vita umana: il bambino è nato ed è figlio dei suoi genitori; ma arrivato al battesimo diviene figlio di Dio, perché in noi ci sono due vite, la vita umana che Iddio ci ha dato e la vita divina della grazia. La grazia di Dio è un germe, è un seme divino che viene immesso in noi per mezzo del Battesimo. Se il bambino muore poco dopo, o prima dell'uso di ragione, va in Paradiso perché ha la grazia, è figlio di Dio, e i figli di Dio vanno alla casa del Padre Celeste che li aspetta. Questo germe è destinato a svilupparsi.

Quando si arriva all'uso di ragione, quando si arriva alla prima Comunione, alla prime confessioni, alla cresima, eccetera, il germe cresce, perché i sacramenti servono a svilupparlo. Questo germe, diciamo così, viene anche paragonato a un seme che è destinato a crescere, a diventare prima una pianticella, poi un grande albero che stende i suoi rami e poi foglie, fiori e frutti. Ecco la vita! È questa vita spirituale che deve svilupparsi. Fino a che punto? Secondo i disegni di Dio per ogni anima. Quando cresciamo? Gesù Cristo entra nell'anima quando l'anima è messa in grazia di Dio; è Gesù Cristo che è nel nostro intimo, ma poi mediante i sacramenti, mediante la virtù, le opere buone e l'apostolato, l’anima va crescendo. Dice san Paolo nella lettera ai Galati: «Vi voglio così bene che mi adopero presso di voi come una madre che vuole bene ai suoi figli, e mi adopero: "donec formetur Christus in vobis"» (Gal 4,19): finché crescerà, si formerà del tutto in voi Gesù Cristo. Questa vita soprannaturale sia santificata! Difatti quando l'anima parte, lascia il corpo, e a suo tempo verrà anche il corpo a prendere parte ai gaudi dell'anima stessa. Arrivare ad una crescita completa, come dice san Paolo, alla virilità piena di Cristo, secondo i disegni che Dio ha avuto su ciascuno di noi. Questo essere che noi dobbiamo coltivare, cioè Gesù che si sviluppa, diciamo, in noi, perché in noi Gesù Cristo si forma gradatamente appunto mediante i sacramenti, le opere buone, le opere di apostolato e quello che nella vita diamo e offriamo per la gloria di Dio. Gesù cresce in noi fino al «vivit vero in me Christus» (Gal 2,20), fino a che Gesù Cristo vive in me, e cioè quando noi abbiamo i pensieri di Gesù Cristo e pensiamo come Lui, o meglio, è Lui che pensa in noi; quando al posto del nostro cuore c'è il cuore di Gesù, cioè il nostro cuore è come il cuore di Gesù, che ha cercato sempre la gloria del Padre e la salvezza delle anime, fino a dare la sua vita sulla croce. Poi non ci sarà più la nostra volontà, ma la volontà di Gesù Cristo, affinché ci guidi Lui la volontà del Padre che si estende un po' a tutto, non solo ai comandamenti, ma anche ai consigli evangelici che voi avete abbracciato. «Se vuoi essere perfetto». Cresca in noi Gesù Cristo, come dice san Paolo.

«Christianus alter Christus!». Il religioso, la religiosa ancora di più: il Cristo più completamente sviluppato in noi. Quindi la morte come sarà serena! Sarà l'ingresso immediato in Paradiso, perché distaccati dalle cose mondane per mezzo dei voti di povertà, castità e obbedienza, il volo dell'anima verso Dio sarà libero come quello dell'aquila che si dirige verso il cielo. Si cresce realmente fino ad essere veramente formati: «Donec formetur Christus in vobis» (Gal 4,19); oppure quell'altra espressione di san Paolo: «In virum perfectum, in mensuram aetatis plenitudinis Christi» (Ef 4,13). E noi costatiamo questo: che Gesù Cristo è nella Chiesa, ma la Chiesa si sviluppa a poco a poco e così si sviluppa a poco a poco in noi la vita di Cristo. Che cosa abbiamo da fare adesso? Vi sono anime che progrediscono anno per anno, perché si nutrono di Vangelo, si nutrono di pane eucaristico, si nutrono di tutto quello che nella vita incontrano di buono e di santo. Sono anime che vanno in cerca di occasioni di merito, come i mondani vanno in cerca tutti i giorni, tutti i momenti, di star bene, di star meglio, e cioè di godersela, di risparmiare quanto possono le pene; e quindi mirano al piacere, all’onore e in particolare a quello che riguarda la soddisfazione della parte umana. E non hanno che delle vedute corte, vedono solo fino alla morte, cioè finché dura questa vita. Ma voi che avete una grande luce, avete degli occhiali che vi danno una luce speciale, guardate all'eternità. Sono ciechi questi mondani, non pensano che questa vita è breve mentre l'altra vita è eterna, e se è poco il godimento quaggiù, sarà eterno il godimento lassù nell'eternità. Sì! Certamente siete molto più contente, serene e tranquille voi che i mondani nelle loro soddisfazioni, perché possedete Dio. Un'anima si lamentava con Gesù: «Sono tanto misera, sono tanto povera», e Gesù dopo tante lamentele si fece sentire: a Ma quando possiedi me hai tutto!».

E allora essa rimase consolata. Ogni anno saliamo un tratto della scala che va verso il cielo; e arrivati alla fine di un anno ci si trova su un pianerottolo. Prima si era su un pianerottolo inferiore e poi si è passati ad uno superiore, più alto, e di lì si riprende la salita. Adesso è cominciato l'anno ed avete già fatto dei gradini essendo già al terzo giorno. Poi c'è un altro tratto di scala. Alla fine dell'anno si canta bene il "Te Deum”, perché si è arrivati ad un altro pianerottolo. E così vi auguro tanta vita, ma vi auguro specialmente "dies pleni", dei giorni pieni di meriti. Che alla sera vi siano già questi giorni pieni! Chiedere perdono al Signore delle deficienze che ci sono state, ma si può avere la consolazione: «Signore mi hai guidato, mi hai aiutato nella giornata». E il riposo si sente dolce, perché le membra sono stanche avendo lavorato per Dio, per l'eternità. Adesso dunque il proposito sarebbe questo: fedeltà nel servizio di Dio e nell'apostolato. E siccome il vostro apostolato si allarga, il vostro cuore si dilata sempre di più. Abbracciare più ampi orizzonti. Avete forse un piccolo cerchio di bene da fare, ma forse adesso il cerchio si ingrandisce, però dobbiamo cercare di avere un cuore conformato al cuore di Gesù. Com'era il cuore di Gesù? San Paolo voleva arrivare a tutti. Ebbene si può arrivare a tutti mediante la preghiera: pregare che la Chiesa si estenda nel mondo, che Gesù Cristo prenda possesso delle anime, che regni ovunque. Cantare lode al Signore e pensare a chi? Agli Italiani, agli Europei, al mondo! Portate nel vostro cuore il desiderio: vengano tutti a Gesù Cristo, alla Chiesa. Tre miliardi e ottocento milioni di uomini oggi! Ma quanti sono adesso che hanno conosciuto Gesù Cristo, e quanti l'hanno seguito? Dilatare un poco il nostro cuore. Nell’oriente ci sono un miliardo e cento milioni di uomini e quasi tutti o non conoscono Gesù Cristo o non lo hanno seguito. E il cuore di Gesù quali desideri ha? E voi? «Donec formetur Christus in vobis»: il cuore sia formato secondo il cuore di Gesù; la mente che viva la mente di Gesù; la volontà che sia la volontà di Gesù, che viva veramente Gesù Cristo in noi!

Intanto è stato un seguito di grazie che abbiamo già ricevute nella nostra vita e continuiamo a ricevere. Cerchiamo di avere questa sapienza: «Signore, concedimi questa e quell'altra grazia, ma soprattutto dammi la grazia di corrispondere alla grazia». Perché se sciupiamo le grazie è come se uno buttasse dalla finestra l'oro o i biglietti di banca. E quanti se ne perdono di questi biglietti, cioè di queste grazie! Ma voi siete venute, e la vostra presenza indica che volete veramente far tesoro dell'anno e del tempo che il Signore vi concederà. Posso avere pochi giorni, anche soltanto poche ore, ma finché vivrò, ogni sera l'ultima cosa che faccio nella giornata è di benedire tutti. E adesso vi do la benedizione. Preghiamo a vicenda. Il Signore sia sempre con voi. Siate liete nel corso dell'anno. Qualche dolore verrà a bussare: non chiudetegli la porta. Sia fatto quel che vuole il Signore!

Primo Maestro

Circolare febbraio 1972



Meditazione e Santificazione

(Meditazione tenuta dal Primo Maestro
il 3 gennaio 1966 al Convegno delle Delegate).

 

“ Il Signore sia con voi! “: questo è il saluto ordinario da parte del Sacerdote ed è il mio augurio
per l'anno, ben cominciato per voi. Continuamente migliori la vostra vita. Progresso, progresso! Non soltanto accontentarsi di essere buoni, ma voler essere veramente santi. Si opera sulle altre anime in proporzione della nostra santità. Non si può solamente dire: La strada è quella, percorretela; ma bisogna mettersi a capo e precedere. Le esortazioni hanno il loro valore, ma per avere un valore concreto, pratico, occorre che lo Spirito Santo abbia penetrato e dominato l'anima nostra.
Fra i tanti mezzi per la nostra santificazione, un mezzo indispensabile è la meditazione. Quanto alla pietà, la Messa con la Comunione è al centro, poi vi è l'Adorazione, perché tutto deve finire e si deve ricevere da Gesù Eucaristico. Però bisogna ricordar­si che per vivere da buoni cristiani è utilissima la meditazione quotidiana, se però si vuole mirare alla santità, è del tutto necessaria. La meditazione quindi serve per tutti coloro che vogliono davvero santificarsi, siano cristiani comuni o consacrati mediante i tre voti.
S. Alfonso, che visse novant'anni e aveva una grande esperienza di anime, dice che se si fa ogni giorno la meditazione si avrà come risultato una vita da veri cristiani, perché si eviterà il peccato. Meditazione e peccato non possono stare insieme: o si lascia la meditazione o si lascia il peccato. Però per attendere e arrivare alla perfezione la meditazione diventa indispensabile.
Nel libro della Teologia della perfezione di A. Royo si insiste che il Sacerdote che confessa non deve tanto preoccuparsi delle pratiche di pietà del penitente, ma deve persistere nel chiedere se e come   fa la meditazione. Perché le altre pratiche di pietà è più facile farle con perseveranza, richiedendo una attività esteriore che ha il suo valore e che certamente bisogna mantenere, però dobbiamo arrivare a cambiare l'intimo nostro e vivere proprio Gesù Cristo.

Per questo bisogna osservare un ordine nei soggetti da meditare. Si consiglia anzitutto di orientare il lavoro di santificazione meditando sulle verità eterne relative alla nostra vita: la morte, il giudizio, il Paradiso; poi il purgatorio e l'inferno; poi la risurrezione finale, il giudizio universale e poi l'ingresso nel gaudio eterno se lo avremo meritato. In secondo luogo dobbiamo conformare i nostri pensieri a quelli di Gesù, e quindi bisogna meditare ciò che Lui ha esposto, in modo particolare relativamente alla gloria di Dio e alla pace degli uomini, ossia l'apostolato. Oltre a conformarci ai pensieri di Gesù e ai suoi insegnamenti bisogna che lavoriamo per la santificazione e cioè curare l'imitazione di Gesù. Quando ero in seminario, sia da chierico sia da sacerdote, ogni giorno si meditava almeno un tratto dell'« Imitazione di Gesù Cristo ». Arrivare fino a capire, a persuaderci, a realizzare nella nostra vita le otto Beatitudini. « Beati i poveri, beati quelli che soffrono »: capirlo come Gesù e come lo ha comunicato a noi. Poi le parole di Gesù in croce. Avere proprio gli stessi sentimenti, in modo che sia seguita la vita di Gesù Cristo. Immedesimarsi! Quanto più ci immedesimeremo, tanto più Gesù Cristo vivrà in noi: nella mente, nel cuore e nella vita nostra.
Come ha fatto Gesù Cristo? Ha cominciato dalla più stretta povertà. Nato in una grotta e posto sulla paglia nella greppia. E com'è morto? Crocifisso. B sogna che viviamo Gesù Cristo nella nosfra mente, nei nostri cuori e nella nostra condotta. Ora, la meditazione ben fatta, penetrata, sulla vita di Gesù certamente ci porta direttamente alla santità: Il fine della vita presente è di arrivare a glorificare Dio in cielo. Ma qual è la strada per arrivarci? Gesù Cristo. « Io sono la Via ». Quindi meditare il Vangelo. Ci sono tanti modi di meditarlo e molti libri aiutano, ma in generale giova leggere un tratto preso direttamente dal libro sacro, adattandolo alla propria condizione. Oppure vi sono indirizzi particolari, come ad esempio il Vangelo concordato e distribuito per ogni giorno dell'anno. Immedesimazione in Gesù Cristo fino a quando veramente noi possiamo fare la stessa confessione di S. Paolo: « Non vivo più io, ma vive in me Cristo ». Cioè tutti i pensieri, i sentimenti, la pratica viva. e santa della vita di Gesù Cristo, Imitare, imitare Gesù Cristo!

- Nella meditazione che metodo usare? Normalmente si inizia con una lettura, o col fermarsi sopra un pensiero; successivamente riflettere su ciò che si, è letto o pensato; poi fare l'esame di coscienza e i propositi a cui segue la preghiera per mantenerli: Noi è una semplice lettura la meditazione, ma è un riflettere e applicare a noi quello che ci porta alla vera santificazione.
Vi sono tante pubblicazioni, tanti libri di meditazione, ma bisogna cercare i migliori, domandando consiglio a persone che hanno conoscenza e compe- tenza.
Se si vuole arrivare alla santità è dunque necessaria la meditazione. Spesso richiederà il sacrificio di levarsi un po' presto al mattino per dedicarvisi   con frutto. Consiglio di andare a riposare presto la sera, perché se al mattino si è stanchi, si sente il bisogno di riposare ancora; poi manca il tempo per la meditazione. Il necessario riposo bisogna pren­derlo perché il corpo ha il suo diritto, e come prendiamo il cibo per mantenerci nel servizio di Dio e nell'apostolato, così per il medesimo scopo dobbiamo prendere il giusto riposo. Cominciare la giornata con pensieri tratti dal Vangelo o da altri testi, poi confrontare con essi la giornata precedente e ve­dere come vogliamo trascorrere la giornata presente. Richiamare alla mente i propositi fatti nei santi Esercizi, poi i consigli che avrà dato il direttore spirituale, e quello che c'è nel regolamento dell'Istituto.

Pensare veramente che non si è più buoni cristiani, ma cristiani 'consacrati a Dio, e che a Dio abbiamo consacrato la mente, la volontà, il cuore, gli Occhi, l'udito, la lingua, il gusto, l'odorato e il tatto che è il senso più diffuso nel corpo. Proprio dà sentire che siamo di Dio, che siamo nelle sue mani; che Gesù vuole che operiamo come Lui ha operato e come ha insegnato, e secondo la grazia che Lui ha acquistato per noi morendo sulla croce. Sentirsi diversi, non solo semplici cristiani, ma anime consacrate a Dio mediante i consigli evangelici. Allora la meditazione ha un senso diverso che se fossimo solo cristiani. Vi è un senso diverso a partecipare alla Messa e alla Comunione, quando vogliamo che Gesù prenda davvero tutto il nostro essere. E poi sentiremo che tutto quello che dobbiamo fare, secondo la condizione di ognuno, secondo il proprio impegno apostolico, ha un valore e una forza diversa. Questa grazia considerando che siamo nati, e allora la vita umana con   il Battesimo ci dà la vita cristiana, mentre la professione dei voti ci mette nella condizione di vita religiosa. Questo deve essere sempre più capito: la vita umana e il gran passaggio alla vita cristiana; dalla vita cristiana, « se vuoi essere perfetto... », ci siamo messi nella posizione di tendere alla perfezione: ecco una vita più eccellente. La meditazione ci aiuta a porci in questa condizione di vita.
Allora dobbiamo ricordare: se tu devi fare qualche cosa, se ti devi applicare a qualche opera, « in omnibus operibus memorare novissima tua »: in tutte le tue opere pensa alla tua fine (Eccli 7, 38). Se devi prendere una decisione, se guardi qual è il lavoro e quali sono gli impegni nella giornata, allora: « pensa alla tua fine ».

Al mattino pensa al Paradiso che ti aspetta. In ogni nostra meditazione noi vogliamo concludere con il Paradiso, con l'ingresso in cielo dove ci è preparato un posto di privilegio. Quindi capire sempre più che la nostra vita è un viaggio, e se si vivesse anche per cent'anni, oltre essi non ci sono mica soltanto cento o mille secoli... Quindi mirare lassù.
Avvengono tante cose nella giornata, e c'è chi ci vuol bene e anche chi non ci vuole bene; qualche giorno trascorre bene e qualche altro è tormentato; tante volte la vita spirituale procede bene, ma qualche volta ci sono le battaglie, i cattivi esempi del mondo, il demonio e le difficoltà interiori. Ma la via è quella che sale e ha termine in Paradiso. E come ci si va? Si cammina con Gesù Cristo che è la Via. Gesù Cristo è alla destra del Padre e noi arriveremo vicino a Lui: quello è il nostro posto, la nostra eterna felicità. Quando siamo nutriti di que sti pensieri di fede, di questi desideri di vivere in Cristo e con Cristo, di fare come Lui ha fatto, allora tutto ciò che avviene, tutto ciò che incontriamo di favorevole o sfavorevole, di tranquillità o di lotta, ci sostiene il conforto che c'è sempre Gesù in noi. E con Lui di che dovremmo temere?
Inoltre, avendo anche il nostro apostolato, operare come Gesù ha operato per salvarci e per salvare tutta l'umanità. E quindi pace e grazia agli uo­mini di buona volontà. L'apostolato sia sempre considerato nello spirito di Gesù. Portare la pace vuol dire stare bene con Dio. In noi c'è la battaglia quando c'è il male, c'è invece la pace quando stiamo in pace con Dio. Pensare al valore dell'apostolato.

Che grazia lavorare per le anime! Altri lavorano per il mondo, lavorano per se stessi, e voi, oltre a lavorare per voi stesse, lavorate anche per le anime. In Paradiso incontrerete tutte quelle anime che avrete aiutato stilla terra e leringrazierete di avervi offerto l'occasione di lavorare per loro. Viviamo in un tempo in cui la lotta da parte del diavolo e del mondo è più accesa. Portiamo la luce e la grazia! Quando si passa con la grazia, sembra che questo immenso dono si diffonda ovunque, cioè i nostri stessi passi sem­brano una preghiera. Ad ogni passo, ad ogni ora, avere sempre di mira la santità nostra, ma anche la salvezza delle anime.
Avete fatto un gran sacrificio adesso per venire qui a trarre insieme delle buone conclusioni, secondo quanto vi è stato indicato. Avete fatto progressi, ma avete ancora da consolidarvi e da progredire sempre più. Lo Spirito Santo discenda sopra di voi, come se fosse insieme a Maria a pregare perché discenda e invada la vostra anima.
E’ grande la vostra missione,sì! Anche se vi sono dei sacrifici.  I sacrifici nostri non somigliano ancora ai sacrifici di Gesù. Basta pensare ai cinque misteri dolorosi, alle tre ore di agonia di Gesù sulla croce, a Maria addolorata ai piedi della croce.
Questo santifica noi, procura gloria a Dio e bene alle anime. Il Signore sia con voi !

Primo Maestro

Circolare febbraio 1972


 

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