La fede è la radice di ogni santificazione
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da - paulus.net - Scritto da Commissione per l’animazione spirituale del Centenario

A conclusione dell’anno della fede, vogliamo prepararci alla festa del nostro Fondatore con una novena. Proponiamo delle brevi riflessioni del Beato Alberione sulla fede, da vivere in chiave apostolica.

La fede è la radice di ogni santificazione
e di ogni apostolato

Noi crediamo, ma certamente la nostra fede non è ancora perfetta. Occorre pensare che non sempre il Signore concede le grazie che gli chiediamo per la vita presente. Concede però sempre le grazie spirituali che noi chiediamo: o quelle o altre che egli vede più utili all’anima nostra. Le grazie materiali le concede solo in quanto vede che contribuiscono al bene della nostra anima.

La fede ci fa vedere la vita nel suo giusto senso; ci fa credere nel Paradiso e ce ne mostra i mezzi: la preghiera, la buona vita, la corrispondenza alla nostra vocazione, l’adempimento della nostra missione. La fede ci fa pensare in ordine all’eternità; ci fa trovare continui mezzi per tesoreggiare per la vita eterna; ci fa capire che cosa sia il sacerdozio, la dignità e i doveri: che cosa sia lo stato religioso, perché sia stato istituito e da chi fu istituito.

La fede! Essa riempie di letizia i nostri giorni, ancorché in questi noi incontriamo difficoltà, tentazioni, lusinghe. La fede! Essa ci fa conoscere quanto siano misere le parole dei mondani e quanto invece sia preziosa la scienza del Vangelo.Occorre metterci davanti alle verità eterne, alla duplice eternità. Vivere di fede significa avere presenti queste grandi verità e ordinare tutta la vita al suo fine. (Pr 1p. 167)

1. - La fede ci porta ad essere testimoni di comunione…

Per realizzare quello che si può e si deve raggiungere: “vita religiosa paradiso in terra”, occorrono due condizioni: La fede: che ci mostri sempre Gesù Cristo nei fratelli. Nei momenti difficili, ricordare quello che Gesù ha detto nel Vangelo, e che ha preannunziato per il giorno del giudizio universale: “Avevo fame, e mi avete dato da mangiare; avevo sete, e mi avete offerto da bere; ero ignudo, e mi avete ricoperto; ero in carcere, ero ammalato, e mi avete visitato e soccorso... Quanto avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me. Venite dunque nel regno del Padre mio” (Mt 25,34-40). Abnegazione: È indispensabile nella vita di comunità, che è vita sociale; perché la diversità di temperamenti, di età, di abitudini, di idee, di esperienze, di occupazioni e di tendenze, ecc., è sempre causa di reciproche sofferenze. È sempre perciò necessario saper essere tolleranti, rinunziare alle proprie vedute, riconoscere i propri torti, fare qualche cortesia, ecc.: tutto questo richiede un’abnegazione universale. (cf UPS IV 221)

2. - Per la fede l’uomo viene elevato…

Per la fede vera l’uomo è elevato ad un piano immensamente più alto: sopra di esso lavorare soprannaturalmente, fruttificare soprannaturalmente, raggiungere un premio soprannaturale. Come se con una gemma di olivo buono viene innestato un olivo selvatico, questo produrrà frutti nuovi; così l’essere innestati in Cristo potrà portare frutti e opere che sono dell’uomo, ma fatte sue ed elevate da Gesù Cristo. Il fiore della fede però sboccia solo sotto i raggi del sole divino, cioè sotto il calore dello Spirito Santo. Operare per la fede, tesoreggiare per il cielo: «Il mio giusto vivrà mediante la fede» (Eb 10,38). La vita religiosa è una vita di fede più viva; se essa impallidisce, la vita religiosa sarà abbandonata; si avrà forse ancora il cristiano; e forse neppure questo... poiché «ciò che era ottimo, una volta corrotto diventa pessimo». Per ottenere la giustificazione, l’uomo, raggiunto l’uso della ragione, deve cooperare con le sue facoltà a Dio. Le facoltà principali sono quelle dell’anima, e tra queste la mente; ad essa appartiene l’atto di fede. Come ogni cognizione parte dal senso, così ogni azione parte dalla mente. (cf SP, settembre 1954, p. 4)

3. - La fede è la radice di ogni santificazione e di ogni apostolato e di ogni stabilità.

La vocazione nasce da una fede viva, e si sostiene ed attiva se essa diviene sempre più illuminata, sentita, praticata. L’apostolato è irradiazione del Cristo e delle verità, della morale e del culto da Lui insegnati: si sostanzia quindi la fede. Il frutto dell’apostolato dipende da Dio: perché le anime accolgano ed aderiscano, giacché la scienza è via alla fede, ma non la fede; e perché l’apostolo lavori con merito: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Il libro modello, divino, fonte di quanto diciamo è il Vangelo. Ogni casa abbia quindi due centri (che si completano e riducono ad uno): Tabernacolo e Vangelo: sopra Gesù- Eucaristico, sotto il Vangelo. Per questo si farà la solenne benedizione e lo si esporrà nei locali di apostolato. Lavoriamo sotto lo sguardo benedicente e compiacente di Maria SS., nostra buona Madre. (SP, gennaio1954, p. 24)

4. - La fede accende la fiamma dello zelo;

Il primo fondamento dell’apostolato è una viva fede. Il secondo: Sentire con la Chiesa. Il terzo: Amore a Dio ed alle anime. Dicendo tutto con una parola: tanto si è apostoli, quanto si è cattolici. Il mezzo di esercitare l’apostolato può essere la sola preghiera, come per il Trappista. E può essere la predicazione, come per l’oratore sacro. Ma l’anima apostolica è un’anima profondamente cattolica. La fede accende la fiamma dello zelo; il cuore mette in attività tutte le energie. «Signore, accrescete in noi la fede». Una fede languida, l’ignoranza religiosa, gli errori circa la dottrina della Chiesa, non frutteranno mai un cuore apostolico. Una fede ardente, illuminata, retta, crea gli Apostoli. Paolo aveva prima perseguitato la Chiesa, ma quando Gesù lo illuminò, credette: da allora sentì un infrenabile desiderio di innalzarla a regina del mondo. Ed ecco che viaggia di paese in paese, parla e scrive, esorta e minaccia, soffre e dà la vita. «Di essa (la Chiesa) sono diventato ministro secondo la missione affidatami da Dio... di realizzare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi» (Col 1,25). (cf RdA, 103;107)

5. - La fede fa l’apostolo…

Che la Chiesa di Cristo risorga, progredisca, prosperi; non è questa la meta della storia? Profeta ed evangelista, pastore di anime o insegnante, padri di famiglia o soldati, semplici cristiani o claustrali... tutti operai addetti alla costruzione del grande edificio «al fine di edificare il Corpo di Cristo». Paolo ha ragione: lavorino forze potenti e tenaci: «Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura..., riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15). Si studi il catechismo, si frequentino le prediche, si leggano buoni libri e giornali, si accresca il patrimonio dell’istruzione religiosa. Si conservi il cuore puro; si fuggano le persone, le cose, i discorsi e le letture contrarie alla Chiesa. Soprattutto si preghi, giacché la fede viene infusa dallo Spirito Santo nei cuori... Le ricchezze di una fede esuberante tendono a spandersi in «ricchezza di gloria». Si parla, si difende, si propaga quello che riempie l’anima: «La bocca parla dalla pienezza del cuore». Perché non si cerca Dio e il suo regno? «Non c’è un sapiente, non c’è chi cerchi Dio». S. Paolo, ricevuto nel battesimo il dono ineffabile della fede, «subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio». Notate: subito. E nulla lo fermò sulle vie del mondo. La fede fa l’apostolo. (RdA, 108)

6. - Quando si ha fede, tutto si fa convergere al Vangelo…

Nel lunedì le intenzioni del Primo Maestro si riferiscono specialmente all’apostolato e cioè: alla formazione degli apostoli, all’esercizio dell’apostolato, alla docilità di coloro a cui ci rivolgeremo, alle anime, cioè, a cui arriveranno le nostre edizioni. Anzitutto: alla formazione degli apostoli, ed è bene che prima dell’apostolato si celebrino qui molte Messe e si preghi e si agisca con fede. Chi ha poca fede ha poco zelo; chi ha poca fede non persuade nessuno; chi invece ha fede, ha l’ideale di Dio: «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi». (1Tm 2,4) l’ideale di Gesù Cristo: «Mi ha mandato ad evangelizzare i poveri» (Lc 4,18). Chi ha l’ideale di «dare Dio al mondo e il mondo a Dio», questi riesce efficace nell’apostolato, cammina sulle orme di S. Paolo, il quale «credette» e fu l’Apostolo delle genti. Egli credette alla forza del Vangelo, credette che solo da Gesù Cristo vengono la verità, la santità, la pace e la salvezza. S. Paolo credette, ed è qui che noi pure dobbiamo arrivare: ad avere molta fede. Quando si ha fede, tutto si fa convergere lì, al Vangelo, all’apostolato, come S. Paolo, cioè: mente, cuore, volontà, attività, salute. Sentire il dovere dell’apostolato. Chi sente, previene; chi sente, occupa intensamente il tempo. Desiderare di illuminare tutte le genti. Ed è la radio che oggi può illuminare le genti; è la stampa; è il cinema. Sentire la bellezza di questa missione. «Omnia facio propter evangelium». (cf RSp p. 12- 13)

7. - Dalla fede scaturiscono i frutti dell’apostolato…

Chiediamo questa mattina, per intercessione di San Giuseppe, un aumento di fede, di speranza, di carità. Di fede: cioè credere che il Signore ha stabilito per noi una missione, con gli aiuti e le grazie necessarie. Fede che si dimostra con la vita pratica, facendo come se tutto dipendesse da noi, e confidando in Dio, come se tutto dipendesse da Lui! Fede che noi esprimiamo nel «patto» o «segreto di riuscita», che fa parte delle nostre preghiere. Sono certissime queste espressioni: la fede è la radice di ogni santificazione; lo spirito di fede è il principio della santità. Dalla fede: la speranza, la carità, le virtù religiose. Dalla fede: i frutti dell’apostolato. Chi crede, vedrà Dio, perché sarà salvo; chi crede, sa che bisogna correre al Tabernacolo, per avere la forza necessaria nell’apostolato. Credete e vedrete verificarsi ciò che fu annunziato. Quando manca la fede, manca la radice e quando in un albero manca la radice, muore. Il Signore ci esaudisce a misura della fede; e se uno ha poca fede, è come colui che, avendo poca stoffa, può fare solo un piccolo vestito da bambola o da bambinetto. Noi dobbiamo appoggiarci sulla grazia della vocazione e dell’ufficio. Quando Dio dà una vocazione, una missione ad un’anima, le dà pure tutte le grazie, gli aiuti necessari per compiere quella data missione. Egli non viene mai meno. Possiamo venire meno noi, con la nostra incostanza e debolezza nella fede, ma Dio no: Egli non manca mai. (cf RSp, p. 28)

8. - La fede va posta in Dio non in noi, ecco il nostro “patto”…

Fede in Dio, non in noi. Fare un “patto” con Dio. Ecco come incomincia il “patto” che si fece di fronte a due testimoni: Maria Regina degli Apostoli e S. Paolo (come occorrono due testimoni quando si fanno cose di grande importanza): «Noi dobbiamo arrivare al grado di perfezione e gloria celeste cui ci avete destinati e santamente esercitare l’apostolato delle Edizioni. Ma ci vediamo debolissimi, ecc.». Confessiamo cioè sinceramente tutta la nostra debolezza. Troppe volte attribuiamo a noi, anziché a Dio, quello che facciamo; troppe volte chiediamo che ci si debba riconoscenza, mentre questa va soltanto a Dio. Col Signore facciamo un vero “patto”, diciamo ciò che vogliamo dare noi: «Cercare in tutto, solo e sempre la vostra gloria e il bene delle anime» (e la prima anima è la nostra). Poi diciamo ciò che aspettiamo da Lui: «E contiamo che da parte vostra vogliate darci spirito buono, grazia, scienza, mezzi di bene»: ecco ciò che aspettiamo da Dio. E la nostra pietà non deve essere una pietà sterile, compiuta solo per sbrigarci di un dovere che ci pesa: dev’essere una pietà che ci faccia sentire veramente il bisogno di Dio; che ci faccia giungere veramente a una grande santità. (RSp, p. 28-29)

9. - La lettura della Bibbia ravviva e accresce la nostra fede…

Chi legge sovente e con retta intenzione la Sacra Scrittura acquista una fede vivissima in Gesù Cristo, e vedendo quanto Egli fece per la redenzione del genere umano, con fede sicura e tranquilla lo pregherà per averne da Lui tutti i mezzi necessari per salvarsi. Ma la Bibbia non solo ci presenta Gesù Cristo, quale oggetto centrale della fede, ma ci narra esempi di uomini che ebbero una fede grande e ammirabile, ravvivando ed accrescendo così la nostra fede. (…) Provatevi. Voi, prima della lettura, sentite di essere uomini, cioè pensieri umani empiranno la vostra mente, desideri ed affetti bassi avrà il vostro cuore: ma dopo la lettura, voi vi alzate non più uomini, ma dèi: divini saranno i vostri pensieri, divine le vostre aspirazioni, santi e soprannaturali i vostri desideri. Viene qui a proposito il detto di S. Agostino: «Se tu ami la terra, sei terreno; se ami le cose celesti, sei celeste». Nella lettura della Bibbia cerchiamo anche noi Gesù e solo Gesù, come lo cercavano Maria e Giuseppe in Gerusalemme, e trovatolo che l’avremo, Egli ravviverà certo la nostra fede, e di noi si potrà dire ciò che Sant’Elisabetta disse di Maria SS.ma: «Te beata che hai creduto» (Lc 1,45); perché se viva sarà la nostra fede, anche in noi, come in Maria SS., si opereranno le meraviglie del Signore. (cf LS, 119-120)