Un ricordo molto vivo di quel periodo fu quello di una adolescente, che si ammalò gravemente, rimanendo in ospedale per molti mesi. Aveva bisogno di molte trasfusioni ed il sangue non bastava mai. Il Parroco durante l’Omelia spronava i fedeli alla donazione, che non era spontanea e numerosa come oggi, si temeva chissà che.
Una domenica Antonietta ed io ci recammo in ospedale, al centro trasfusionale per donare il sangue, ma ce lo proibirono, perché eravamo minorenni, dovevamo essere accompagnati dai genitori.
Io ero paurosa e titubante, invece Antonietta non si perse d’animo, chiese aiuto ad una signora che era lì, la quale mise una firma su un registro e permise all’infermiere di prelevare le nostre due sacche di sangue. Quella signora dichiarò che era nostra parente, io strinsi le spalle, avevo paura, ma Antonietta mi rincuorò dicendo : “ E’ una bugia a fin di bene, non aver paura, sta tranquilla!“. Ci mandarono alla mensa dell’ospedale, offrendoci latte, caffè, merendine ed una fetta di carne arrosto, che a me sembrò enorme; io avevo timore, quasi mi vergognavo nell’affrontare quella situazione e a mangiare quel che gli infermieri ci davano. Antonietta, invece, era ferrea, padrona della situazione, altruista e volitiva in qualsiasi momento. Devo ringraziare lei se il mio carattere è così cambiato, mi ha insegnato molto.
E’ grazie a lei se ora sono così espansiva e spigliata, senza timidezza. (VIVA LA MODESTIA !!!!!!).
Le Aspiranti ci volevano un gran bene, ogni sabato pomeriggio davamo lezione di catechismo, tutte erano sempre assidue e puntuali alle lezioni e, giunto il periodo per ricevere la Cresima, una adolescente, di nome Passalacqua, chiese ad Antonietta di farle da madrina; lei accettò con piacere. Alla fine di ogni anno sociale trascorrevamo tutte insieme una domenica in campagna o al mare; erano momenti indimenticabili per tutti: colazione al sacco, foto di gruppo e tanta gioia.
Con Antonietta cominciammo a frequentarci sempre più, spesso mi recavo a casa sua, mi piaceva andare insieme a lei in parrocchia e per strada parlavamo di tante cose. In chiesa eravamo sedute sempre vicine e durante la S. Messa lei intonava i canti ed io la seguivo con voce sommessa; occupavamo sempre il quarto posto a destra, oserei dire che la sua voce era angelica.
Più tardi cominciammo a studiare insieme, anche se lei frequentava il Ginnasio ed io l’Istituto tecnico. Andavo a casa sua e mi aiutava nelle materie letterarie; era bravissima e ricordo che io ero seduta in cucina in via C. Colombo al piano terra, leggevo una sola volta, a voce alta, un capitolo di letteratura; lei apprendeva tutto immediatamente e lo commentava stando in piedi, mentre lavava i piatti o cucinava o stirava e poi con il testo chiuso me lo faceva ripetere.
Non era mai ferma, era sempre indaffarata, era così che studiava, in piedi , tra una faccenda e l’altra; era lei che mi correggeva i compiti di letteratura e gioiva sui miei risultati positivi; quando si trattava di matematica, e lei era meno forte, mi prendevo la rivincita.
Un altro avvenimento molto significativo della vita di Antonietta e del suo carattere molto forte ed esemplare fu quando lei, poco più che ventenne, affrontò la dolorosa perdita del caro padre Fortunato.
Erano circa le ore nove dell’ultimo giorno di gennaio, quando mi telefonò per comunicarmi che il padre aveva avuto un malore e che aveva chiamato l’ambulanza; era sola, il fratello era a scuola e mi chiedeva aiuto. Di corsa mi precipitai a casa sua, ma non c’era, di li a poco ritornò con il padre che era già deceduto. Io scoppiai in lacrime, non sapevo che fare, ma lei, pallida in viso, con compostezza e grande forza d’animo mi spronava ad essere più calma ed affrontare la situazione, dividendoci i compiti. Mentre lei sistemava il padre insieme alla sua dirimpettaia, sig.na Ines, a me fu dato l’incarico di telefonare a scuola per far rientrare a casa il fratello Salvatore. Indescrivibile fu l’abbraccio fra i due fratelli; in un momento così tragico, era Antonietta che dava conforto e coraggio a Salvatore che si disperava; a distanza di tanti anni, ancora mi risuonano nelle orecchie le parole imperative dette al fratello : “ Adesso siamo ancora più soli, dobbiamo avere molta fede, forza e coraggio, insieme dobbiamo continuare ad andare avanti ed avere fiducia nel Signore”.
AMELIA MAELLARO
Testimonianza | |
da: iltimonebrindisi
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